giovedì 3 ottobre 2019

MOLLY HATCHET "Battleground" (2019)

SEGNALAZIONE


Battleground, il più volte annunciato nuovo live album sarà pubblicato su etichetta Steamhammer/SPV il 29 Novembre 2019. La raccolta consiste di 19 brani con il nuovo cantante Jimmy Elkins ed uscirà in tre formati: 2-CD Digipak, triplo LP gatefold e download digitale.

Battleground, the new live offering consisting of 19 songs (with new singer Jimmy Elkins), will be available on Steamhammer/SPV from 29 November 2019 as 2-CD Digipak, triple LP in a gatefold cover and for digital download.

sabato 6 aprile 2019

JOHN ILLSLEY "Coming Up For Air" (2019)

RECENSIONE


Da quando è tornato a fare musica nel 2007, John Illsley (già bassista dei Dire Straits) ha pubblicato ben sette album, di cui cinque in studio.

L'ultimo della serie è questo "Coming Up For Air" registrato, come i precedenti, ai British Grove Studios dell'amico Mark Knopfler e co-prodotto dall'altro ex collega Guy Fletcher.
Il disco (della durata di soli 32 minuti) non propone nulla di nuovo rispetto ai precedenti e quindi, paradossalmente, resta ancorato allo stile della ex-band dell'autore più di ogni cosa abbia fatto Knopfler nella sua carriera solista.

Certo si tratta di canzoni che si ascoltano una volta e via ma è innegabile che in alcuni passaggi risulta piacevole riascoltare quel modo di cantare basso e graffiato e, soprattutto, quel tipico suono di chitarra 'Straits' qui riprodotto dal bravo Robbie McIntosh.


lunedì 1 aprile 2019

SON VOLT "Union" (2019)

RECENSIONE


I brani di "Union" raccontano l'attuale situazione socio-politica americana cercando di incitarne il popolo a reagire in modo unitario (da qui il titolo).

La musica è classico folk rock; i testi parlano di protesta sociale in ‘The 99’, di politica in ‘When Rome Burns’, di sporchi affari in ‘Reality Winner’, di emarginati in ‘Union’ e di denuncia nella conclusiva ballata acustica 'The Symbol'.

Dunque un album in cui prevale la forza delle liriche rispetto alla musica ma che comunque si ascolta piacevolmente grazie ai suoni vintage che lo contraddistinguono ed alla solita voce aspra di Jay Farrar.



giovedì 7 marzo 2019

REESE WYNANS and Friends "Sweet Release" (2019)

RECENSIONE



Famoso per essere stato tastierista dei Double Trouble con Stevie Ray Vaughan, recentemente Reese Wynans è entrato nella band di Joe Bonamassa e proprio quest'ultimo lo ha spinto a registrare questo disco con amici musicisti ricoprendo per la prima volta il ruolo di produttore.

Non essendo autore, Wynans ha ripescato brani importanti della sua carriera affiancandoli ad altri che lo hanno influenzato; il suono generale è quello di Stevie Ray Vaughan e infatti 4 tracce su 13 sono tratte dai due dischi con lui registrati: 'Soul To Soul' e 'In Step'.
Si comincia con la strumentale 'Say What' e 'Crossfire' cantata dal grande Sam Moore; in entrambe ci sono i Double Trouble, Tommy Shannon al basso e Chris Layton alla batteria con Kenny Wayne  Shepherd alla chitarra solista.
L'altro strumentale 'Riviera Paradise' vede un arrangiamento orchestrale e Wynans all’organo invece 'Hard To Be' (tratto da 'Family Style' dei fratelli Vaughan) è arrangiata in chiave soul con tanto di sezione fiati e le voci di Bonnie Bramlett e Jimmy Hall.
Altro brano soul è 'That Driving Beat' con Mike Farris alla voce e Paulie Cerra al sax, mentre si torna al blues con 'You’re Killing My Love' dove Doyle Bramhall II si occupa di voce e chitarra.
In 'So Much Trouble' spicca l’armonica di Mike Henderson e in 'Sweet Release' si alternano  le voci di Paulie Cerra, Keb’Mo’, Mike Farris, Jimmy Hall, Bonnie Bramlett, Vince Gill e Warren Haynes.
In tutto il disco Wynans si prende uno spazio solista maggiore del solito, soprattutto nell’acustica 'I’ve Got A Right To Be Blue' (con Keb'Mo') e nella strumentale per solo pianoforte 'Blackbird' (quella dei Beatles).

Che dire, il binomio Bonamassa-Wynans ha funzionato.



domenica 24 febbraio 2019

JASON RINGENBERG "Stand Tall" (2019)

RECENSIONE



Grazie al crowdfunding Jason Ringenberg riesce a pubblicare e promuovere il suo quinto album solista (senza gli storici Scorchers) "Stand Tall".

Potendo contare su una voce inimitabile e sulla grinta che lo contraddistingue, Ringenberg cerca di attualizzare le sue origini musicali in brani come il western 'Stand Tall' gli irish-rock 'I’m Walking Home' e 'John Muir Stood There',  la religiosa 'John the Baptist Was A Real Humdinger'.
Si va a ritmo di country-rock in 'Lookin’ Back Blues', 'Almost Enough' e 'Many Happy Hangovers to You' mentre 'Hobo Bill’s Last Ride' è malinconica in stile Jimmie Rodgers.
Southern punk/rock in 'God Bless the Ramones' (dedicata  alla band di New York) e Folk tradizionale nella conclusiva 'Farewell Angelina'.

Dunque niente di nuovo, Ringenberg ripropone una formula sicura ma lo fa in assoluta indipendenza e controtendenza come se non si trovasse nel 2019.


sabato 23 febbraio 2019

JOHN MAYALL "Nobody Told Me" (2019)

RECENSIONE



Bisogna dirlo, gli ultimi dieci anni di John Mayall non sono stati significativi sul piano discografico; anche la scelta recente di fare a meno di un chitarrista nella band non ha giovato al suono.
Questo "Nobody Told Me" riavvolge il nastro al 2007 (quando pubblicò "In The Palace Of The King") e quindi ritroviamo del buon blues scoppiettante con la chitarra elettrica che torna finalmente protagonista.

Il brano di apertura 'What Have I Done Wrong' si avvale dell'impetuosa chitarra di Joe Bonamassa e di una classica sezione fiati. La seguente 'The Moon is Full' può contare sulla chitarra di Larry McCray e un accompagnamento di organo; l'armonica apre e punteggia la pianistica 'Evil and Here to Stay' dove Alex Lifeson (chitarrista dei Rush) si mette al servizio del maestro. In 'That's What Love Will Make You Do' tornano i fiati e le parti di chitarra sono affidate al preciso lavoro di Todd Rundgren, mentre 'Distant Lonesome Train' è costruita sulla slide guitar di Carolyn Wonderland.
La sorniona chitarra di Bonamassa introduce la successiva 'Delta Hurricane', classico blues-rock con organo e fiati sullo sfondo e lungo assolo finale di chitarra. Ancora fiati in 'The Hurt Inside' e tanta chitarra elettrica ad opera di Larry McCray; Steven Van Zandt della E-Street Band è presente nella più scontata 'It's So Tough' e Carolyn Wonderland torna in 'Like it Like You Do', brano che ricorda parecchio 'Walking on sunset' ("Blues From Laurel Canyon" - 1968).
Chiude il disco la title track, lento blues pianistico con ancora Carolyn Wonderland alla chitarra.

In definitiva si tratta del 'solito' album di british-blues ma, sarà per il ritorno delle chitarre, sarà per la buona prova vocale del maestro, finalmente possiamo ascoltare tutto d'un fiato un disco di Mayall come ai vecchi tempi...


sabato 16 febbraio 2019

TEDESCHI TRUCKS BAND "Signs" (2019)

RECENSIONE


Premetto che in "Signs" la collaudata fusione di Blues, Soul e Americana crea ancora una volta un disco molto raffinato ed intenso.

L'apertura è affidata al ritmato brano a due voci 'Signs, High Times' con il classico guitar solo finale.
'I'm Gonna Be Here' è ricca di intricati riff e melodie con un rassicurante canto gospel.
Cambio di tempo con il lento 'When will I Begin' uno dei momenti più contemplativi dell'album.
Si passa quindi al classico R'n'B di 'Walk Through This Life' e all'altro lento del disco: 'Strengthen What Remains'. Grintoso l'assolo di chitarra in 'Still Your Mind' ad opera di Derek Trucks.
Il blues 'Hard Case' offre un momento di sollievo prima del soul in stile Motown 'Shame', dove la voce risulta ancora una volta molto coinvolgente. L'approccio soulful di 'They Don't Shine' fa battere il piede per il suo ritmo.
La spoglia 'The Ending' chiude l'album accoppiando la potente voce della Tedeschi ad un semplice accompagnamento di chitarra acustica.

E' dunque un album complesso e stratificato ma anche onesto, con la voce di Susan Tedeschi che porta tutto ad un livello superiore. Anche in questa occasione credo che dal vivo i nuovi brani avranno una resa ancora maggiore.


venerdì 15 febbraio 2019

RYAN BINGHAM "American Love Song" (2019)

RECENSIONE


Dopo quattro anni di assenza torna Ryan Bingham con questo “American Love Song”.

Passo subito al contenuto: ‘Jingle and Go’ (col suo piano honky tonk), ‘Nothin Holds Me Down’ (dall’impianto southern-rock) e ‘Pontiac’ (potente rock’n’roll) scorrono velocemente e piacevolmente; ‘Lover Girl’ è un country piuttosto scontato, al contrario ‘Beautiful and Kind’ e ‘Wolves’ sono brani folk scarni e diretti, ‘Got Damn Blues’ e ‘Hot House’ un viaggio nel Chicago blues.
Seguono l’alternative country ‘What Would I’ve Become’ e ‘Blue’ bel rock dalle sfumature gospel.
‘America’ è una breve canzone acustica che racconta l’attuale scenario socio-politica degli USA.

La produzione di Charlie Sexton (chitarrista di Bob Dylan) non porta molte novità di contenuto rispetto ai lavori precedenti, piuttosto è evidente un tentativo di sintetizzare ed omogeneizzare quelle che sono state le influenze musicali di Bingham per creare un disco più “commerciale” nel senso più positivo del termine.


giovedì 31 gennaio 2019

WATERMELON SLIM "Church Of The Blues" (2019)

RECENSIONE


"Church Of The Blues" è il tredicesimo album di Bill Homans a.k.a. Watermelon Slim e presenta sette canzoni originali, sette cover e numerosi ospiti tra cui Bob Margolin (chitarrista di Muddy Waters dal 1973 al 1980).

Con la chitarra in evidenza in tutti i brani, Watermelon Slim canta di argomenti diversi: le tasse (Tax Man Blues), la tecnologia che ci 'stordisce' ("Post-Modern Blues") e i problemi di relazione ("Me and My Woman"); belli gli assoli in "Mni Wicomi-The Water Song" e "Gypsy Woman". Interessanti anche le sue versioni di "Smokestack Lightning" (Howlin Wolf) e "Too Much Alcohol" (Rory Gallagher) con slide guitar e armonica.
Piacevoli il southern-blues "Charlottesville (Blues For My Nation)", il canto solitario di "Holler #4" e il vivace brano finale "Halloween Man".

Che dire, è il solito vecchio blues ma quando è interpretato in modo così autentico risulta sempre gradevole ascoltarlo.


mercoledì 30 gennaio 2019

RIVAL SONS "Feral Roots" (2019)

RECENSIONE



Il 25 gennaio è uscito il 6° album dei californiani Rival Sons e l'impressione al primo ascolto è la stessa dei precedenti: non ci sono brani memorabili ma l'album funziona nel suo insieme.

Registrato in territorio sudista con Dave Cobb alla produzione, il disco si apre con "Do Your Worst" classico rock'n'roll con tanto di riff marcato e ritornello piacevole. Si passa quindi al suono fuzz di "Sugar To The Bone" e al hard-rock seventies di "Back In The Woods" per arrivare alla mutevole "Look Away" con una introduzione acustica a cui segue la particolare parte elettrica.
La title track è un blues in crescendo cantato in stile Paul Rodgers, "Too Bad" un rock variegato e di qualità, "Stood By Me" un moderno funky-blues.
Dopo la zeppeliniana "Imperial Joy", "All Directions" parte con un inizio bucolico e sfocia in un possente finale. Chiudono il tutto l'ipnotica "End Of Forever" (evitabile la batteria elettronica) e il gospel "Shooting Stars" con tanto di coro.

Prescindendo dai momenti già sentiti, tutto l'album è ben caratterizzato dal canto 'vecchia scuola' di Jay Buchanan e dal suono secco del rullante messo in evidenza, elementi che gli conferiscono una certa piacevolezza 'selvaggia'.


martedì 29 gennaio 2019

THE KENTUCKY HEADHUNTERS "Live at the Ramblin' Man Fair" (2019)

RECENSIONE


L’album è la registrazione del concerto che ha avuto luogo nel 2016 alla Ramblin’ Man Fair di Maidston con l’aggiunta di brani in studio registrati nel 2003 con Johnnie Johnson al piano.

L’inizio è affidato ad una energica versione di “Big Boss Man” (classico di Jimmy Reed); buona anche la successiva “Ragtop”, pezzo originale della band. A partire dalla seguente “Stumblin’” il sound comincia a diventare ripetitivo anche se è ben in evidenza il suono saturo delle chitarre. Si passa al blues con “Shufflin Back to Memphis” e “Have You Ever Loved a Woman” (standard di Freddie King) dove sia il cantante che il chitarrista solista si destreggiano bene ma suonano un po scontati. “Whishin Well” e “Walking With The wolf” sono brani storici della band che, al contrario, suonano ancora attuali. Dopo “My Daddy Was A Milkman”, che stona abbastanza con il resto della scaletta, arriva un altrettanto inaspettato medley dei Beatles: “Don`t Let Me Down” e “Hey Jude”. Più riusciti i classici in studio con Johnnie Johnson: “Rock Me Baby”, “Rock’n’roller” e “Hi-Heel Sneakers”.

Si tratta dunque di genuino rock in stile southern con incursioni di rovente blues, che ci conferma quanto la band sia divertente e graffiante ma al solito priva di inventiva. Un disco divertente ma nulla di più…



sabato 26 gennaio 2019

STEVE HACKETT "At The Edge Of Light" (2019)

RECENSIONE


"At The Edge Of Light" è il 25esimo album da solista dell'ex chitarrista dei Genesis e arriva due anni dopo ''The Night Siren''.

A conferma che Hackett sia ancora un esploratore avventuroso e creativo, l'album presenta una vasta gamma di stili che spaziano dal rock progressivo all'epicità, dalla world music ai suoni d'atmosfera. Diversi gli strumenti utilizzati: il sitar, il didgeridoo, il violino, il duduk e il flauto intessuti insieme al tradizionale equipaggiamento rock.
La world music contraddistingue "Fallen Walls And Pedestals" con le sue atmosfere mediorientali, i secchi tamburi e la tipica chitarra a la Hackett. "Beasts in Our Time" alterna parti acustiche cantate ad un riff orchestrale memorabile ed assoli di classe.
Il sound mediorientale si ripropone nel prog-rock di "Under The Eye Of The Sun" dove si apprezza anche un eccellente lavoro di basso; profumi di Stati Uniti del sud in "Underground Railway" con Hackett che suona la chitarra resofonica.
Il picco dell'album è rappresentato dagli undici minuti di "Those Golden Wings" dove un canto delicato si alterna a parti epiche fino ad arrivare ad un emozionante assolo di chitarra di tre minuti.
Ritmi nord-africani ed indiani caratterizzano "Shadow And Flame" mentre "Hungry Years" è un momento di respiro prima del maestoso trittico finale: "Descent", "Conflict" e "Peace".

E' incredibile che dopo 50 anni di carriera si possa ancora riuscire a pubblicare album di tale livello.
GOOD MUSIC.


"At The Edge Of Light" è disponibile in edizione 2LP + CD e in edizione limitata CD + DVD Mediabook.

mercoledì 23 gennaio 2019

LYNYRD SKYNYRD “Pronounced 'lèh-'nérd 'skin-'nérd” (1973)

CLASSICI DA RISCOPRIRE


Nel 1972 Al Kooper rimase impressionato da una band sconosciuta che aveva visto esibirsi in un locale di Atlanta; fu così che decise di produrre l’album di debutto dei Lynyrd Skynyrd.
La band aveva già pronto gran parte del materiale che sarebbe confluito nell’album: brani di matrice rock, country e blues con tre chitarristi solisti, Honky-Tonk piano e tanta potenza di suono.

L'album inizia con il bellissimo riff di "I Ain't the One", dove la chitarra di Gary Rossington si intreccia con quelle di Ed King e Allen Collins; si prosegue con la eterea "Tuesday's Gone", ballata country-blues impreziosita dal mellotron di Kooper e dal piano di Billy Powell (ex roadie reclutato poco prima della registrazione del disco).
Dopo la allegra "Gimme Threes Steps" si passa alla mitica "Simple Man", un'altra grande ballata che parla di una madre che esorta suo figlio ad essere un uomo semplice, di stare lontano dai guai e di godersi le piccole cose ma anche di essere forte rispetto ai momenti più tristi della vita. A seguire il rock'n'roll "Things goin' On" (caratterizzata da un meraviglioso Honky-Tonk piano) e l'acustica "Mississippi Kid", Delta-blues con la slide di Allen Collins in evidenza.
Dopo la granitica "Poison Whiskey" arriva il gran finale "Free Bird", canzone epica simbolo di tutto il movimento Southern Rock. Il brano (dedicato da Ronnie Van Zant a Duane Allman) comincia come una lenta ballata rifinita dalla slide guitar di Rossington e dal piano di Powell, per poi accelerare nella parte centrale e finire in un infuocato assolo a due chitarre.

"Free Bird" entrò in classifica direttamente al numero 19 ed ebbe ovunque un enorme successo; ancora oggi è considerata un monumento del Rock.



giovedì 10 gennaio 2019

MOLLY HATCHET "Shield Of Honor" (2019)

SEGNALAZIONE


Per celebrare il quarantennale (ricorso lo scorso anno) la band di Jacksonville pubblicherà due nuovi  album nel 2019: uno dal vivo intitolato "Battleground" ed uno in studio dal titolo "Shield Of Honor".

To celebrate the fortieth anniversary (appeal last year) the band of Jacksonville will release two new albums in 2019: one live entitled "Battleground" and one in the studio entitled "Shield Of Honor".